Con la globalizzazione dell'informazione e delle nuove tecnologie
informatiche, ha scritto di recente l'ambasciatore Paolo Fulci,
membro del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell'infanzia,
"il problema della pornografia infantile è diventato
ancora più acuto. Materiale pornografico prodotto nei Paesi
occidentali (Olanda, Regno Unito, Francia, Norvegia e soprattutto
Germania) viene regolarmente diffuso su Internet, usando spesso
bambini provenienti da Paesi in via di sviluppo. Non vi sono,
per adesso, norme che vietino tali pratiche".
 L'Aclu (www.aclu.org, American Civil Liberties Union) è
una delle più importanti associazioni di tutela dei diritti
civili americane. Dalla home page del sito è possibile
tenersi aggiornati sugli sviluppi della storica bocciatura da
parte della Corte Suprema americana del cda (Communication Decency
Act), con cui si voleva dare un giro di vite alla libera espressione
su Internet.
Internet e pedofilia, Internet e immagini pornografiche che raffigurano
minori, Internet e attività illecite e ripugnanti, come
adescamento di bambini o scambio di indirizzi e informazioni criminali.
Alzi la mano chi, in questi ultimi tempi, non ha sentito tirare
in ballo la Rete, a ragione o a torto, in relazione a ogni fatto
concernente reati commessi nei confronti di minori.
Il dibattito su quelli che sono gli aspetti più oscuri
di Internet si è ben presto incanalato in due precise direzioni.
Da un lato i "falchi", che chiedono allo Stato una regolamentazione
ferrea della Rete con l'emanazione di regole ben precise. Occorre
mettere fine a questo Far West giuridico, si dice, serve una tutela
effettiva e reale dei minori che utilizzano Internet. Dall'altro
le "colombe", che esigono che i diritti fondamentali
di ogni Paese civile, primo fra tutti la libertà di espressione,
ricevano piena e incondizionata tutela anche su Internet e non
vengano soffocati da ipotesi più o meno velate di censura.
I pedofili si trovano in qualsiasi cinema di periferia, sostengono,
le edicole sono piene di riviste pornografiche con minori, ma
nessuno si azzarda a chiedere una regolamentazione del cinema
o della stampa. Internet è un mezzo di comunicazione come
gli altri e merita pertanto le stesse tutele.
 Sono molti, anche in Italia, che si stanno muovendo in difesa
dei diritti civili su Internet. Sul sito del periodico on line
di informatica giuridica Interlex (www.interlex.com) la Carta
delle garanzie di Internet permette di farsi un'idea di come un
approccio basato sul principio di responsabilità degli
operatori del settore e delle famiglie possa tutelare, con i minori,
anche la libertà d'espressione.
Al Senato, la "legge anti-pedofili"
L'Unione Europea è stata la prima a occuparsi ufficialmente
della tutela dei minori nella società dell'informazione,
approvando documenti che ancora oggi costituiscono la base di
partenza per lo studio delle problematiche connesse. La Comunicazione
della Commissione Europea del 16 ottobre 1996, Informazioni di
contenuto illegale e nocivo su Internet e la Risoluzione del Consiglio
e dei rappresentanti dei Governi e degli Stati membri riuniti
in sede di Consiglio dell'Unione Europea il 17 febbraio 1997,
relativa alle informazioni di contenuto illegale e nocivo su Internet,
si affiancano alle nozioni contenute nel Libro Verde sulla tutela
dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi
e di informazione, presentato dalla Commissione a Bruxelles il
16 ottobre 1996.
"I servizi in linea," si legge nel Libro Verde, "hanno
già una dimensione internazionale attraverso grandi reti
proprietarie come Aol o Compuserve. Tale evoluzione dai servizi
nazionali alle reti mondiali costituisce uno dei maggiori rischi
per la tutela dei minori e della dignità umana e richiede
una riflessione approfondita sugli strumenti da impiegare e sul
livello adeguato per garantire che si tenga conto dei valori europei
in materia di tutela dei minori e della dignità umana".
Il vivace dibattito, dalle sedi europee, è approdato anche
nel nostro Parlamento, dove deputati e senatori discutono attivamente,
fra proposte di legge, interrogazioni e mozioni, lo scottante
problema. Internet, come è logico, divide anche i nostri
politici e al centro del dibattito si trova attualmente un comma
di un Disegno di Legge, già approvato alla Camera e ora
all'esame del Senato, che ha sollevato le ire degli oppositori
alla regolamentazione legislativa della Rete. Il pomo della discordia
è un articolo, il numero 3 del Disegno di Legge approvato
dalla II Commissione permanente della Camera dei Deputati, la
Commissione Giustizia, il 3 luglio 1997, dal titolo Norme contro
lo sfruttamento sessuale dei minori quale nuova forma di riduzione
in schiavitù. È questa la celebre "legge anti-pedofili"
che ha avuto, nel suo iter, un andamento alterno, caratterizzato
da improvvise accelerazioni, dovute alla pressione dell'opinione
pubblica, e lunghi arresti (ora è ferma da diversi mesi
al Senato).
Internet, in questo disegno di legge, entra prepotentemente alla
ribalta nel comma richiamato, che recita: "chiunque distribuisce
o divulga, anche per via telematica, materiale pornografico di
cui al primo comma o notizie finalizzate allo sfruttamento sessuale
dei minori degli anni diciotto è punito con la reclusione
da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire
cento milioni".
Il Disegno di Legge è stato approvato alla Camera, evento
degno di nota, il 3 luglio 1997. Si trattava di un periodo caldo
per la comunità telematica: una settimana prima la Corte
Suprema degli Stati Uniti aveva ribadito, con una netta affermazione
di principio, la tutela massima da riservare alla Rete anche alla
luce dei principi costituzionali, nuovo mezzo di comunicazione
sui generis ma meritevole di tutela, a volte anche maggiore, rispetto
ai media tradizionali.
Due pesi e due misure
Alla base dei lavori della Commissione Giustizia, la ferma convinzione
della perseguibilità anche della semplice detenzione di
materiale pornografico, reputata uno strumento essenziale per
contrastare il fenomeno dello sfruttamento sessuale di minori
da quanti sono concretamente impegnati in tale lotta. Tale materiale,
infatti, quando è veicolato tramite Internet, non è
infatti equiparabile ad analogo materiale veicolato mediante altro
mezzo. In questo secondo caso, infatti, la semplice detenzione
è punibile solo se finalizzata al commercio e alla distribuzione.
Ma non solo; nei lavori preparatori si apprende che tale materiale
contiene riprese aventi a oggetto altri reati e incentiva la commissione
di tal generi di reati a scopo di lucro, oltre a indurre nel fruitore
bisogni che possono essere soddisfatti esclusivamente attraverso
la commissione dello stesso genere di crimini.
In una frase, non solo la produzione, ma anche la detenzione di
materiale pornografico avente a oggetto minori deve essere sottoposta
a sanzione penale. Ecco allora che per la prima volta nel nostro
ordinamento si introduce la punibilità di tale materiale
trasmesso per via telematica.
Problemi tecnici di repressione
La Commissione Giustizia, tuttavia, ha evidenziato numerosi problemi.
Intanto si sottolinea la difficoltà di intervenire con
efficacia sulle reti telematiche, sia per la tipologia dei servizi
e dei siti disponibili, sia per la rapidità con la quale
tali servizi nascono e muoiono e per la dimensione "immateriale"
dei siti telematici medesimi, che risultano quindi difficilmente
rilevabili con gli strumenti tradizionali.
"Anche i provider," scrive l'on. Serafini nella relazione
alla legge, "dispongono di significative informazioni riguardanti
attività di collegamento a Internet dei loro abbonati:
indirizzo telematico del sito, destinatario della connessione,
orario del collegamento, durata. Ma tali informazioni vengono
in genere conservate per un periodo di tempo limitato perché
possono impegnare notevoli risorse di memoria. Con questo comma
si vuol consentire agli organi dello Stato di agire anche nella
divulgazione per via telematica con la consapevolezza che lo sviluppo
di queste tecnologie può richiedere continui aggiornamenti
legislativi. Nel nostro Paese le forze dell'ordine, in questi
ultimi anni, hanno predisposto tecniche investigative e strategie
operative proprio per poter contrastare la pornografia minorile
tramite le vie telematiche".
Clima da leggi speciali
Ancora non si erano placate le polemiche, che veniva portata la
seconda stoccata alla Rete, questa volta attraverso un documento
datato 19 dicembre 1997, la cosiddetta "mozione Bono",
dal nome del suo primo firmatario, l'on. Bono del partito di Alleanza
Nazionale, dal titolo Disciplina internazionale della rete telematica
Internet.
"In questi ultimi anni", si legge nel testo della mozione,
"la sempre più capillare diffusione della rete telematica
Internet ha costituito, insieme all'indiscutibile vantaggio del
progresso tecnologico, anche un formidabile strumento di diffusione
di ogni sorta di messaggio, non sempre ispirato da motivazioni
e obbiettivi meritevoli di tutela, anche approfittando della sostanziale
assenza di qualsivoglia limitazione di ordine giuridico e legislativo,
spesso soggetti animati da intenzioni criminali e ripugnanti hanno
utilizzato Internet per i loro fini più immorali e inconfessabili;
il ricorso a Internet non conosce confini né territoriali,
né tantomeno anagrafici, con il rischio di vedere esporre
una quantità sempre crescente di adolescenti, e perfino
bambini, alle sempre più esplicite e pertanto pericolosissime
strumentalizzazioni perpetrate per via telematica. Tali inqualificabili
e tragici episodi possono verificarsi unicamente perché,
fino a oggi, non è stato raggiunto alcun accordo internazionale
teso a consentire a ciascuno Stato di potere intervenire per reprimere
l'uso illegale e criminale della pur valida e certamente insostituibile
'finestra sul mondo' costituita dalla rete mondiale Internet.
La Camera impegna il governo a mettere in atto tutte le iniziative
necessarie a definire, nei tempi più brevi possibili, un
accordo tra tutti gli Stati del mondo, per una corretta disciplina
dello strumento Internet e trovare, conseguentemente, la soluzione
al comune angosciante problema di tutelare i soggetti più
indifesi e di ostacolare in tutti i modi legali l'operatività
telematica a individui deviati e senza scrupoli, restituendo,
nel contempo, Internet al suo fondamentale ruolo di strumento
moderno e fondamentale al servizio dell'umanità".
La responsabilità dei provider
Da tempo l'Associazione Italiana Internet Providers (Aiip) si
occupa del problema dei contenuti definiti "critici"
presenti su Internet. Nella bozza del codice di autoregolamentazione
dei fornitori di servizi Internet2 si ricorda, anzitutto, come
lo sviluppo di Internet sia stato, e sia tuttora favorito, in
primo luogo dalla libertà di vincoli imposti dall'esterno
e che questa libertà deve essere preservata e rafforzata,
ma che non deve dare luogo ad arbitri o discriminazioni, o comportamenti
che possano offendere singoli individui, comunità, o soggetti
meritevoli di tutela, come i minori e le minoranze tecniche e
razziali.
Dopo aver notato che la regolamentazione dei contenuti critici,
cioè potenzialmente offensivi, da parte delle autorità
statali potrebbe configurare forme di censura o di limitazione
della libertà di espressione delle idee, viene data grande
importanza ai software di filtraggio dei contenuti (vedi riquadro
I filtri per la Rete). In particolare i fornitori di accesso si
impegnano a promuovere la conoscenza e l'uso tra gli utenti dei
programmi che consentono di filtrare i contenuti critici, sia
attraverso sistemi di classificazione all'origine sia attraverso
sistemi di selezione dell'accesso a determinate liste di siti.
Inoltre i fornitori di accesso o di contenuti si impegnano a rimuovere
dai propri sistemi, non appena ne vengano a conoscenza, i contenuti
palesemente e inequivocabilmente illeciti o offensivi, informando,
ove possibile, il responsabile dell'immissione. Questo anche per
non rischiare venga attribuita loro la responsabilità di
quanto perpetrato da loro clienti.
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